Scuola Senza Zaino

Senza zaino. Per una scuola comunità

Cos'è

Il modello Scuola Senza zaino è un metodo a tutti gli effetti che si basa su tre valori: Responsabilità, Comunità e Ospitalità.

 

La responsabilità

In Senza Zaino gli studenti si assumono la responsabilità del proprio apprendimento. Si lavora a voce bassa e si scelgono le attività. Periodicamente si compila il proprio portfolio e ciascuno è consapevole degli obiettivi da raggiungere. Ci si sente motivati a studiare e le varie materie sono occasione per sviluppare competenze, perché si creano situazioni autentiche. Il senso di responsabilità si nota anche in quanto ognuno tiene in ordine gli armadi e gli strumenti didattici per essere pronti all’uso.

 

La comunità

La comunità ci dice che l’apprendimento avviene nella relazione. In una classe SZ possiamo vedere alunni che stanno esercitandosi in coppia o in piccoli gruppi. Ciascuno ha ben chiaro cosa deve fare, qual è il prodotto da realizzare e perché deve fare quella cosa. C’è poi un tempo in cui la classe si riunisce all’agorà: qui può accadere che l’insegnante tenga una conferenza o che si discuta di una ricerca o – infine – che si decida quali compiti fare. C’è anche l’assemblea dove si prendono decisioni importanti. Così si sviluppa il senso della cittadinanza. La comunità naturalmente riguarda anche gli insegnanti. Basta partecipare ad una loro riunione per osservare come ciascuno evita di disperdersi in chiacchiere, focalizzandosi sul miglioramento didattico delle classi. Se un collega è in difficoltà con certi alunni o non conosce certi metodi, viene supportato adeguatamente attraverso lo scambio di pratiche e di idee, per cui si cresce professionalmente insieme.

 

L’ospitalità

Per capire l’ospitalità basta un’occhiata all’aula: non c’è la cattedra dinanzi alle file dei banchi, ma spazi divisi da mobilio: ancora una volta l’immagine rimanda ad un moderno ufficio open-space. L’area dei tavoli è adatta al lavoro di gruppo. Le aree dedicate ai laboratori (arti, lingua, scienze e matematica, storia e geografia) suggeriscono la dimensione pratica dell’insegnamento. Nella classe vi sono materiali didattici, schede di lavoro, cartellonistica e segnali. Si pone attenzione anche agli spazi esterni: corridoi, atri, giardini. Se gli spazi lo permettono vengono realizzate aule – laboratorio. Vedendo all’opera un insegnante SZ ci accorgiamo che non eccede nel linguaggio verbale. Infatti usa frequentemente i linguaggi del corpo e della mimica, musicale e iconico, manipolativo e immaginifico, digitale e teatrale. Sa mettere insieme la mano (l’artigianalità), il cuore (le emozioni) e la mente (il pensiero). In definitiva ospitando tutti i linguaggi ospita tutte le differenze. Gli alunni perciò lavorano sì con carta e penna, ma anche con legno, cartone, creta, sabbia, tessuti, colori, ferro, materiali da riciclare. Studiano sui libri e tuttavia maneggiano provette, fanno esperimenti scientifici e nel contempo osservano la natura. In alcune occasioni possiamo vedere come presentano i loro prodotti ai genitori o ai compagni organizzando una conferenza, mostrando un plastico, proiettando un film o un PPT, illustrando disegni, o – infine – eseguendo una rappresentazione. La struttura metodologica non standardizzata permette a ciascuna alunna/o di essere riconosciuta/o nella propria originalità e diversità.

 

Approccio del Modello Senza Zaino

Nel Modello Senza Zaino è centrale l’attività, il come si fanno le cose (le pratiche didattiche), piuttosto che il dove si vuole arrivare (gli obiettivi). I bambini e i ragazzi vengono coinvolti e motivati non perché si indicano dei risultati da raggiungere, ma principalmente perché vi sono attività interessanti basate sull’ esperienza, sulla ricerca, sul rispetto e la globalità della persona. È un apprendimento orientato all’integrazione tra mente e corpo, tra razionalità ed emozioni, tra realtà vissuta e virtuale, tra tecnologie, materiali, strategie e metodi.

Il Modello Senza Zaino adotta il metodo del Global Curriculum Approach (GCA) che promuove:

  • scuole ospitali, aperte alla dimensione della comunità;
  • la responsabilità, facendo dei bambini e delle bambine e dei ragazzi e delle ragazze gli artefici del processo formativo;
  • sviluppo dell’intero ambiente formativo che mette in relazione strumenti immateriali e materiali, software e hardware;
  • apprendimento orientato all’integrazione tra mente e corpo, tra razionalità ed emozioni, tra realtà reale, astratta e virtuale, tra tecnologie, materiali, strategie e metodi;
  • apprendimento che nasce nelle situazioni concrete, avviene nel contesto di relazioni (la classe / la scuola) tra persone e con gli oggetti;
  • relazioni che hanno significati, costruiscono storie e alimentano il tessuto vitale di una comunità (quella scolastica inserita nella più ampia comunità locale).

 

Gli spazi

Un cambiamento importante è, dunque, quello degli spazi di un’aula scolastica. Collegato a quello, ci sono metodi di insegnamento e apprendimento che assomigliano alla scuola montessoriana perché hanno degli oggetti come mediazione per l’apprendimento. Ci sono strumenti sia per i vari ambiti disciplinari, matematica, logica, italiano, inglese, ma anche per la gestione della classe e poi oggetti di cancelleria, quaderni, matite, penne, eccetera, che sono speciali e pensati. Gli spazi dell’aula rappresentano il centro del cambiamento e vengono riprogettati e riallestiti. C’è pro¬prio il passaggio dal modello di lezione frontale, verbale a un sistema tutto diverso in cui non esiste più la cattedra, ma non esiste più neanche il banco monoposto in cui il bambino sta seduto da solo. Quell’assetto con l’insegnante che parla e i bambini che ascoltano è come se fosse esploso in uno spazio che diventa tutt’altro. Non più banchi ma tavoli dove lavorano mediamente gruppi di sei/otto bambini. Il resto dell’aula è suddiviso in altri spazi: mini laboratori dedicati alle parole o area linguistica, ai numeri o area matematica; il terzo angolo è dedicato alla scienza o all’arte. E poi c’è uno spazio molto particolare che si chiama Agorà, che io definisco “Il Cuore dell’aula” delimitato da mobiletti bassi che si individua subito; da noi è l’unico ricoperto di parquet; è uno spazio dotato di sedute morbide, cuscini, parallelepipedi di psicomotricità, panchine. È lo spazio di passaggio tra il fuori e il dentro; è il primo luogo in cui i bambini si sistemano quando arrivano a scuola e dove si fa questo rito di accoglienza o di condivisione delle parole prima di cominciare la giornata scolastica. In questo modo registrano le loro emozioni con faccine smile che riproducono i vari stati d’animo (felice, triste, arrabbiato, ecc.) e hanno la possibilità di esprimersi liberamente e di raccontarsi.

Quindi, nel modello “Senza Zaino” l’aula entra a far parte a pieno titolo dell’organizzazione.

 

AULA PENSATA

  • far sì che bambini sviluppino responsabilità e cura per la crescita propria e degli altri
  • siano capaci di inventare ed elaborare le regole della vita scolastica,
  • imparino a lavorare da soli (o anche in piccoli gruppi) in attività diverse senza l’intervento dell’insegnante in un clima di quiete, serenità, calma, rispetto, cooperazione, silenzio, ricerca, curiosità, laboriosità, ascolto, attenzione

 

Perché “Senza Zaino”

Gli alunni della “Scuola Senza Zaino” sostituiscono lo zaino con una cartellina leggera per i compiti a casa, mentre le aule e i vari ambienti vengono arredati con mobilio funzionale e dotati di una grande varietà di strumenti didattici sia tattili che digitali. I bambini in pratica trovano tutto l’occorrente in aula, senza portarlo da casa, infatti, ci sono spazi predisposti a varie attività con tutto il necessario e si punta sull’ interattività e autonomia del bambino. Togliere lo zaino ha anche un significato simbolico in quanto, come detto precedentemente, vengono realizzate pratiche e metodologie innovative in relazione a tre valori a cui ci si ispira il modello: si tratta di realizzare una scuola diversa da quella tradizionale. Rendere le scuole ospitali è, dunque, un impegno di cambiamento. E tuttavia l’ospitalità implica non solo costruire ambienti belli ed amichevoli, ma anche accogliere le diversità, far sì che ciascuno diventi responsabile per i propri e gli altrui talenti, originalità, bisogni e in generale per il precorso di crescita e di apprendimento. La responsabilità e l’ospitalità, infine, si aprono alla costruzione della scuola come comunità, luogo di condivisione, di cooperazione e costruzione del sapere.

 

Lavoro di gruppo

Al raggiungimento di tutto ciò, un ruolo importante assume il lavoro di gruppo, in cui i bambini tutti insieme devono arrivare alla realizzazione di un unico prodotto. Il lavoro di gruppo non consiste nel fatto che un gruppo di bambini lavori e tutti gli altri stanno a guardare, in attesa del loro turno. Tutti i bambini, invece, vengono divisi in gruppo e contemporaneamente svolgono attività differenziate. Dietro a tutto ciò ci sta un lungo e preciso lavoro di progettazione, che un’insegnante da sola non riuscirebbe a sostenere, infatti al fine del buon funzionamento del progetto, è fondamentale la forte collaborazione e confronto con i colleghi, nonché il supporto cooperativo dei genitori, come recita il secondo valore del modello: la Comunità, che va costruita con rapporti cooperativi e di corresponsabilità tra docenti e genitori. Naturalmente, ogni cambiamento genera ansie e timori, perché il nuovo che spaventa; infatti, anche noi abbiamo avuto non pochi problemi nella realizzazione e progettazione di tale modello. Siamo al terzo anno di esperienza. Da quest’anno sono state coinvolte tre sezioni di scuola dell’infanzia (bambini di tre anni), a regime prima, seconda e terza primaria e ci auguriamo che venga esteso nei prossimi anni anche alla scuola secondaria di primo grado, così da realizzare il sogno di accompagnare il bambino in tutto suo percorso scolastico, dall’infanzia all’adolescenza, portandolo per mano attraverso un solo discorso educativo –didattico.

 

Il Ruolo dell’insegnante

L’insegnante è visto come una figura che:

  • incoraggia e dà fiducia;
  • sviluppa forme di presenza / assenza;
  • sa organizzare l’ambiente dotandolo di materiali didattici;
  • utilizza una ricca serie di metodologie;
  • sa far lavorare da soli gli allievi;
  • sa parlare poco e usare la voce in modo appropriato;
  • sa impostare brevi e efficaci lezioni frontali;
  • sa co–progettare e co–produrre con i colleghi e gli allievi.
  • sa valorizzare le esperienze scientifiche attraverso la realizzazione di laboratori.

 

Impegno e Partecipazione della Famiglia

Per innovare le pratiche educative e didattiche, è necessario impostare in modo diverso anche i rapporti con le famiglie e investire su modalità diverse di relazionarsi e comunicare con loro. Bisogna cercare di rispondere a quella che spesso ci appare, e forse è, ansia di controllo, attraverso un coinvolgimento diretto dei genitori attraverso quelle che sono state chiamate le “conferenze”, durante le quali i bambini illustrano ai genitori le attività scolastiche svolte durante l’anno e le competenze e gli apprendimenti raggiunti. I genitori, inoltre, devono essere informati e coinvolti con modalità attive e partecipate, realizzando loro sogno facendoli entrare in classe e sistemare in un angolo, creando così l’angolo del genitore “curioso”. Il genitore può vedere i riti del mattino, fuori e dentro l’aula; i diversi ruoli dell’insegnante; i diversi strumenti usati; le modalità di lavoro a coppie e in gruppo, la capacità di gestire in autonomia i diversi momenti, la partecipazione alla pianificazione della giornata, l’apprendimento attraverso il fare.

Come si accede al servizio